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Educazione alimentare
L’educazione alimentare promuove il benessere insegnando quelle piccole regole che portano, una volta acquisite, a ristabilire i bioritmi corporei (orari dei pasti, ritmi fame – sazietà, stabilità della glicemia, riduzione della fame per restringimento progressivo dello stomaco dilatato, facilità di digestione, non più sonnolenza dopo i pasti, ecc). Tutto ciò porta a gestire autonomamente la propria alimentazione, evitando di doversi sottoporre a periodi di dieta ferrea per ovviare a momenti di alimentazione squilibrata.
Approfondimento
L’alimentazione è il mezzo da cui noi possiamo trarre energia per compiere tutti i processi vitali, e contemporaneamente con cui possiamo riparare la normale usura che subisce il nostro organismo. Da questo concetto derivano tre punti fondamentali da tenere a mente:
• tutto ciò che serve a livello energetico deve essere bilanciato tra introduzione e consumo, altrimenti si può avere accumulo, ad es. di grassi, se si introducono più calorie di quelle che si consumano, o all’opposto carenze, se si brucia più di quello che viene fornito. Questo dal punto di vista quantitativo.
• Ciò che si introduce come alimento deve sopperire anche come qualità alle effettive richieste, perché viene scisso nei singoli componenti (zuccheri, grassi e proteine), e riutilizzato mediante diversa combinazione per ricostruire le parti che man mano vengono distrutte. Da questo viene il concetto di alimentazione equilibrata, cioè composta da una giusta percentuale di sostanze combinate tra loro.
• Visto che all’interno del nostro organismo esiste un orologio biologico che regola i vari bioritmi (fame – sazietà; sonno – veglia; attività – riposo; fasi ormonali; consumo – riparazione, ecc.), è importante anche distribuire i pasti nei momenti in cui ce n’è bisogno, e non eccedere in altri momenti. Da quanto detto finora quindi, possiamo schematizzare in questi tre punti i nostri meccanismi di intervento in quella che può essere definita una “educazione alimentare”.
I principi fondamentali
Proviamo ad enunciare dei principi fondamentali, cui sarà più facile adeguarci se ci impegniamo a seguirli senza pensarci su più di tanto, perché sarà il nostro corpo poi a comunicarci le proprie esigenze: noi dovremo solo imparare a riconoscere i segnali.
Anzitutto dovremmo mangiare poco e spesso, diciamo ogni tre ore, per mantenere il più possibile costante il livello di glicemia. Adottando questa abitudine, infatti, vedremo che non arriveremo mai al pasto successivo con tanta fame, non avremo giramenti di testa e debolezza dovuti a ipoglicemia, e soprattutto eviteremo le scariche di insulina che tipicamente seguono un pasto abbondante, e che fanno accumulare l’energia in eccesso come grassi. Quando invece passa troppo tempo tra un pasto a l’altro, si ha bisogno di zuccheri, ed il nostro metabolismo prima li va a prendere dove li trova, poi, una volta terminati, trasforma i grassi, ma soprattutto le proteine strutturali, in energia che viene così assicurata. Questo porta, senza che noi ce ne accorgiamo, ad una riduzione della componente strutturale (muscoli, ossa e cartilagini) del nostro corpo, che viene reintegrata accompagnandosi ad un accumulo di grassi.
Mangiando spesso, inoltre, lo stomaco si restringe, e si riesce a raggiungere prima la sazietà, recuperando così un’autoregolazione. Altro principio fondamentale è l’introduzione di un giusto equilibrio tra zuccheri e grassi: i primi possono essere semplici (zucchero) che vengono utilizzati immediatamente, come moneta corrente o complessi (amidi), che per essere usati devono essere scissi, e che forniscono energia per un periodo più prolungato. Quanto ai grassi, si distinguono in grassi saturi (animali e di derivazione animale, come burro, latticini, ecc.) e insaturi (oli vegetali, grassi del pesce, ecc.), molto utili perché ricchi di vitamine liposolubili, che intervengono in moltissime reazioni metaboliche e che regolano, insieme ad alcuni ormoni, l’orientamento di reazioni che possono portare all’accumulo o alla scissione dei grassi nel sangue. Da uno squilibrio della componente lipidica della dieta si possono avere carenze vitaminiche, o un accumulo di trigliceridi e colesterolo, con le conseguenze a tutti note di alterazione delle arterie e quindi dell’apporto di sostanze nutritive agli organi e ai tessuti.
Infine le proteine, che non solo dovrebbero essere presenti ad ogni pasto, per compensarne la distruzione che avviene in maniera continua, ma devono comprendere anche una giusta quantità di aminoacidi essenziali, quelli che il nostro corpo non può sintetizzare e che deve assumere dall’esterno. Le proteine sono formate da catene di singoli componenti, gli aminoacidi: una volta ingerite, le proteine vengono smontate e gli aminoacidi ricombinati per formare le proteine che devono essere sostituite. Si comprende così che è come essere di fronte ad un enorme puzzle, in cui alla fine ogni singolo componente deve andare al proprio posto, e quelli in eccedenza devono essere messi da parte per essere riutilizzati quando serviranno. Il problema è che mentre gli zuccheri e i grassi, soprattutto saturi, possono essere accumulati, le proteine non possono esserlo, e gli aminoacidi in eccesso vengono per lo più eliminati. Oggi purtroppo si tende ad alimentarsi in maniera troppo ricca di grassi e zuccheri, e povera di proteine. Conseguenza ne è un sovrappeso fino all’obesità, situazione che oggi viene chiamata sindrome metabolica, perché sempre associata a squilibri che sono il primo passo verso patologie come il diabete, l’ipertensione e altre malattie.
Anche lo stress e i ritmi frenetici hanno il loro “peso”.
Altra aggravante sono i ritmi della vita moderna, che lasciano sempre meno spazio per seguire i bioritmi, e inoltre ci fanno accumulare stress: ciò porta ad un’alimentazione non equilibrata, ma anche a disturbi del comportamento alimentare, in cui il cibo viene usato per scaricare l’aggressività. Sta a noi riprendere in mano la nostra salute, tenendo presente che anche seguendo dei semplici principi (orari, pasti non abbondanti ed equilibrati, regolare e leggera attività fisica, rinuncia al fumo, consumo controllato di alcolici, abitudine a bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno preferibilmente fuori dai pasti, usare il tempo libero in attività che diano la possibilità di recupero) possiamo fare moltissimo per affrontare l’aumento delle richieste che ci vengono fatte da ambiente, inquinamento e ritmi di vita sempre più frenetici. Non possiamo delegare il nostro benessere ad interventi esterni come i farmaci, che devono essere usati solo quando c’è effettiva necessità e dietro consiglio medico. Per recuperare la salute, sia quella clinica sia quella testimoniata da esami di laboratorio, il primo passo deve venire da dentro di noi, cambiando, a volte anche di poco, le nostre abitudini, il nostro stile di vita, soprattutto per affrontare un aumento della durata della vita media che ci deve trovare nelle migliori condizioni possibili. Oggi, con i progressi della Dietologia Clinica, si è in grado di determinare la composizione corporea della persona, il metabolismo basale, la quantità di acqua intra ed extracellulare (quella in eccesso), stabilire se ci sono carenze e, sulla base anche di analisi di laboratorio, mettere a punto un’alimentazione che, oltre ai principi generali enunciati sopra, possa riportare ad un punto di equilibrio, per poi seguire la persona nel tempo mediante un semplice mantenimento.
Il piacere di mangiare
Spesso, parlando di dieta, si pensa a rinunce e sacrifici, ma oggi non è più così: non ci si basa più esclusivamente sulle calorie, ma sugli abbinamenti e la personalizzazione dell’alimentazione, usando come energia i grassi in eccesso, quindi togliendo solo quello che non serve, recuperando così una salute intesa non più come assenza di malattia, ma come benessere psico-fisico. Per questo è importante conservare il piacere di mangiare, una vita sociale piena di occasioni di incontro, senza la rinuncia agli inviti per paura di non sapersi controllare. La chiave di tutto questo, oltre ad una sana educazione alimentare, è anche una piena assunzione di responsabilità della propria salute.